Luogo
Via Francesco Filelfo, 44
Tolentino MC – ITALY
Info, prenotazioni e visite
Orari
lunedì chiuso,
martedì 15.00-18.00 / mercoledì dalle 10.00 – 13.00
giovedì, venerdì, sabato e domenica 10.00 – 13.00 / 15.00 – 18.00
IL SANTUARIO DI SAN NICOLA
STORIA
Il Santuario di San Nicola è stato costruito sull’impianto architettonico di un convento agostiniano. Sono agostiniani infatti i monaci che nel 1275 accolgono Nicola, un giovane frate proveniente da Sant’Angelo in Pontano che vi rimane fino alla sua morte nel 1305. Sono gli anni della lotta tra il papato e l’impero e della lotta tra comuni. In quel periodo, la città di Tolentino vede la nascita di molti movimenti religiosi, il più noto tra tutti proprio quello agostiniano. In piena coerenza con la regola di Agostino, la Basilica si presenta a Nicola nella sua semplicità e rigidità: un’unica navata, senza transetto, e la facciata a capanna. Solo nel 1433-35, dopo più di un secolo dalla morte del Santo, viene commissionato allo scultore fiorentino Nanni di Bartolo la realizzazione dell’imponente portale di marmo raffigurante nella lunetta la figura di San Giorgio che uccide il drago. La facciata poi subisce altri due interventi che la rendono come la vediamo oggi: nel 1630 viene completato l’ordine inferiore, mentre il secondo intervento del 1767 ci restituisce al centro della parte superiore il tondo scolpito con il sole raggiante, uno degli attributi di San Nicola. Col crescere della fama e della popolarità di Nicola, il santuario viene arricchito ed articolato in nuovi ambienti.
Nel corso del XVI e del XVII secolo vengono apportate altre modifiche all’interno della Basilica, come l’aggiunta delle cappelle laterali e la realizzazione del soffitto a cassettoni. Alla destra del coro absidato viene costruita tra il XVII e il XIX secolo la cappella delle Sante Braccia, da cui si accede alla cripta di più recente realizzazione (1932). Il corpo del santo, trafugato diverse volte nel corso della storia, viene ritrovato solo nel 1926. Rimasto fedele all’impianto originario invece è il chiostro trecentesco, a pianta quadrata con al centro un pozzo. Annesso al chiostro è il Cappellone, a pianta rettangolare con volta a crociera. L’autore degli affreschi è Pietro da Rimini, il quale probabilmente si avvale dell’aiuto di maestranze locali. La scuola pittorica di Rimini vede in quegli anni la presenza di Giotto e per questo motivo il Cappellone è detto anche “giottesco”. L’impianto pittorico si sviluppa attraverso tre registri narrativi: il primo dall’alto racconta le storie di Maria, il secondo la vita di Cristo e infine l’ultimo, il più vicino alla vista dei fedeli, le storie della vita di San Nicola. Al centro vi è un’arca di marmo che avrebbe dovuto contenere il corpo del santo, poi posto invece nella cripta al di sotto del Cappellone; sull’arca si erge la figura di Nicola, scolpita dal fiorentino Niccolò di Giovanni, così come è stata tramandata fino ad oggi nell’immaginario collettivo.
San Nicola
Nicola nasce nel 1245 a Sant’Angelo in Pontano: i genitori scelgono il nome per commemorare la grazia ricevuta in pellegrinaggio a San Nicola di Bari, a cui infatti avevano chiesto un figlio. Fin da bambino Nicola incarna pienamente la sua vocazione: uno dei primi miracoli che lo riguardano in vita è la visione del volto di Gesù bambino nell’ostia consacrata, che diviene poi suo attributo nell’immagine del sole raggiante raffigurante il volto di Cristo.
Frate Nicola
Ordinato frate nel 1273, subito si dedica ad una vita povera e itinerante, mettendo al centro la predicazione. Una volta entrato nell’Ordine degli Agostiniani di Tolentino, Nicola non tarda a ricevere la stima e la simpatia della comunità di fedeli. La sua vita di preghiera e carità è scandita anche da visioni e da miracoli: quella di Valmanente, la più nota, è la visione delle anime del Purgatorio che gli conferisce l’attributo di patrono delle Anime Sante.
Morte (1305)
Muore nel 1305: la leggenda narra che una cometa, divenuta per questo uno dei suoi attributi più riprodotti, attraversa il cielo da Sant’Angelo in Pontano fino a Tolentino. Subito venerato dalla folla di fedeli, Nicola continua a lasciare la propria testimonianza attraverso i molti miracoli compiuti post mortem: dalla guarigione della cieca Anfelicia Adambi alla liberazione del prigioniero Lorenzo Bottoni, miracoli che chiamano prepotentemente Nicola alla santità.
Canonizzazione (1325-1446)
Il processo di canonizzazione inizia nel 1325 e termina nel 1446, anche se da più di un secolo a Tolentino era diffusa la devozione di San Nicola, viva fino ad oggi. Circa a metà del percorso di visita del museo è possibile immergersi nella vita del santo attraverso la storia raccontata dal diorama, commissionato dai frati e realizzato nel 1999.
Composizione del Museo
Il Museo del Santuario di San Nicola è allestito nei locali che una volta ospitavano la scuola annessa al convento: si propone un percorso articolato in otto sale che presenta una vasta raccolta di opere d’arte e artigianato di vario genere e periodo (dal IV-V secolo fino al XX), pervenute alla Basilica grazie a innumerevoli lasciti e donazioni. Sono esposti dipinti, sculture lignee, mobilio, oreficerie e suppellettili sacre, ex voto, ceramiche e reperti archeologici.
Tale patrimonio eterogeneo è rappresentativo dell’impatto che San Nicola esercita sulla comunità ecclesiastica e laica, testimoniando la sua opera miracolosa ed esemplare, legata alle vicende del Santuario, della città e del suo territorio.ativa cappella.
Tra il XIV e il XV secolo
La prima sala del museo espone opere realizzate tra il XIV e il XV secolo: una natività lignea del Trecento, frammenti di un affresco, una cassa nuziale e un forziere proveniente dalla cappella della Madonna dei Miracoli, due reliquari. Questi ultimi sono due manufatti di oreficeria del Tesoro della Basilica, conservati per molto tempo nella Cappella delle Sante Braccia. Il reliquiario “a pisside” (vaso liturgico usato per conservare le ostie consacrate) contiene la bambagia di cotone imbevuta del sangue delle braccia di San Nicola. Secondo la tradizione infatti, poco dopo la sua morte, un monaco avrebbe tentato di profanarne il corpo, trafugandone le braccia: il misfatto viene subito confessato dal colpevole impaurito dal sangue che continuava miracolosamente ad uscire. Per una maggiore protezione il corpo viene sotterrato sotto il Cappellone e per le sacre braccia, diventate una reliquia, viene costruita la relativa cappella.
La Natività Lignea
La Natività lignea proviene dalla cappella dedicata alla “Madonna del Parto”: il complesso scultoreo risale ai primi decenni del Trecento, lo stesso periodo in cui sono stati realizzati gli affreschi del Cappellone. I personaggi rimasti sono solo tre, ma è probabile che l’antico presepe ne comprendesse altri: l’iconografia insolita ai nostri occhi è quella bizantina, la stessa riprodotta in numerose icone. La Vergine ha appena partorito ed è sdraiata con lo sguardo distolto dal Bambino; San Giuseppe è in disparte, pensieroso e cupo mentre viene tentato dal demonio che gli appare in forma di pastore (in questo caso non rappresentato). L’atteggiamento dei tre personaggi è un preludio alla passione e morte di Gesù Cristo. Questa iconografia non sopravvive a lungo, ma viene sostituita da quella esistente tutt’ora: nel 1372 Santa Brigida di Svezia, di fronte alla grotta della Basilica della Natività a Betlemme, ha una visione della Vergine Maria che le racconta la nascita del figlio: “Quando questi preparativi furono completati, la Vergine si inginocchiò con molta devozione e cominciò a pregare. Ella, voltata la schiena alla mangiatoia, alzò il viso al cielo e volse lo sguardo verso oriente. Con le mani alzate e gli occhi rivolti al cielo stava in ginocchio come rapita in dolcissima estasi di contemplazione, inebriata di divina dolcezza. Mentre era così assorta nella preghiera, vidi muoversi Colui che era nel suo grembo e subito, in un momento, in un batter d’occhio, diede alla luce il suo Figlio. […] Quando la Vergine sentì di aver partorito, subito chinò il capo e giunse le mani al petto; poi con grande riverenza cominciò ad adorare il Bambino dicendogli: «Benvenuto, mio Dio, mio Signore, mio Figlio»”. Da questa visione nasce l’attuale iconografia presepistica della Madonna e di San Giuseppe in adorazione del bambinello, la stessa rappresentata nel presepe visitabile all’interno del percorso museale.
